venerdì 8 settembre 2017

Riflettendo

Ogni tanto bisogna fermarsi e riflettere un po’ su se stessi, sulla gente, su come va il mondo, perché la vita che si conduce, in ogni contesto e stile, è assordante, talmente assordante che non si sente più parlare la propria voce interiore. Mentre si vive una pace che di fatto è surreale, si comprende pienamente che l’inquietudine è ciò che fa muovere lo spirito ad una ricerca sana.
Il silenzio costringe a pensare, perché quel vuoto, quell’assenza di rumore sarebbe più assordante di un traffico caotico, dell’esigenza di correre, di rispettare scadenze…
Risultati immagini per riflessioneAllora chi siamo? Si guarda la propria immagine fluttuare leggermente sullo specchio di un lago, è qualcosa di inafferrabile… Quando si tenta di toccare l’immagine, ecco che essa si sfalda, perde consistenza, viene travolta da piccole onde. Già, difficile trovare la propria vera immagine, anche per chi si sforza di cercarla. Mentre si affondano le mani per toccare il fondo del laghetto, ecco che il fondo si muove, intorbida l’acqua e non si può più vedere. Eppure qualcosa riaffiora se con calma si cerca e si deve sentire la propria voce, la propria coscienza, perché il rumore dell’opinione di massa, dei giudizi degli altri, la copre e ci si sente smarriti, senza meta. Dà una sensazione di sollievo capire se stessi, acchiappare quel lato che fino ad un attimo prima era oscuro. Ciascuno di noi ha delle ferite, delle cicatrici, nessuno è esente, ma dobbiamo pur capire che la riconciliazione con il passato, l’atteggiamento di fiducia verso il futuro, può cambiare radicalmente il nostro presente. Lo deve e lo può fare. Ad un tratto ti accorgi che in fondo hai ricevuto molto dalla vita, nonostante tutto e che coloro che hai incontrato lungo il cammino ti hanno reso una persona migliore, che la vita è fatta di cose semplici, di profumi, di odori, di gioie, di sensazioni e che se aspettiamo chissà cosa, soprattutto dagli altri, sprecheremo il nostro tempo in cose inutili, impantanandoci nella pubblicità, intermezzo di un film, senza vivere effettivamente ciò che ci accade e rende unica la nostra vita.
Arriva il tempo, però, di dare uno sguardo attorno a noi. Quanta sofferenza, quanti disastri, quante delusioni… sismi, guerre, cattiveria, incapacità di comunicare, muri, odio…
Effettivamente il mondo è uno schifo, come qualcuno ripete nei film, uno schifo che a volte potrebbe sorprenderci e schiacciarci, inglobarci nelle spire dell’odio, per dare colpa a qualcuno e qualcosa… Se il mondo va male, è facile prendersela con qualcuno o qualcosa che abbiamo vicino e concentrare il nostro interesse su ciò. Abbiamo sempre bisogno di dare senso alle sofferenze, ai dolori che ci attanagliano, ma a volte non è quella la causa...almeno quella vera…
Terribile quello che accade attorno a noi, la sofferenza, i lutti, il calpestamento dei diritti più elementari di una persona, la fame, la sete… e davvero ti senti schiacciato, incapace di reagire, di capire perché degli uomini possono fare davvero tanto male. Il fatto è che ognuno di noi può rendere il mondo migliore, non come pensiamo noi eliminando del tutto la sofferenza, ma amandoci. I nostri piccoli gesti cambiano il mondo. Effetto farfalla… Lo chiamano. Se questo è vero per il male, lo è anche per il bene…
Non lasciamoci rubare la speranza. Da nessuno. Un abbraccio, un gesto di bene… Una bugia, una calunnia, un gesto d’intolleranza verso caratteri differenti o modi di pensare… possono fare del male, moltissimo, possono distruggere non solamente una persona, ma tante, tutte coloro che le hanno voluto bene. Se amiamo davvero una persona, dobbiamo lasciarla libera. Non siamo insofferenti verso gli altri per le ingiustizie che abbiamo subito noi stessi, perché il male che noi facciamo agli altri non guarirà le nostre ferite, ma le renderà più profonde e continueremo a vivere in un inferno! Quell’  inferno tante volte prende il nome di “Io”, quando lo mettiamo al centro di tutto, quando non sopportiamo che gli eventi non vanno secondo le nostre aspettative.  L’ amore è fantasioso, non può rimanere chiuso nei nostri preconcetti.

giovedì 24 agosto 2017

La chiave di Sara

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Che cosa dire? Non so se riuscirò a raccontare ciò che ho vissuto nel mio cuore, non è così semplice, anzi, a volte risulta impossibile. Succede che qualche giorno fa hanno fatto rivedere in televisione il film “La chiave di Sara” e mi ha nuovamente emozionato, suscitato tanti sentimenti contrastanti e sofferti. Sicuramente, se non fossi cristiana e quindi credessi in una vita unica, speciale, irripetibile, potrei essere tentata dal pensiero che esista una reincarnazione! Ovviamente non è così, vi è un’altra spiegazione scritta nel grande disegno della mia anima, che Dio ha pensato così per il mio bene. Insomma che il mio interessamento verso la questione ebraica pare eccessiva. A dire il vero poi si estende a tante altre forme di discriminazione e persecuzione, ma, molto probabilmente ho avuto occasione di accostarmi maggiormente alla questione ebraica in modo più facile tramite alcuni libri che fin dall’adolescenza ho potuto leggere. Una persona in quel periodo mi regalò anche un libro che raccontava dell’Arcipelago Gulag, cioè dei campi di concentramento russi. Ne avevo due a disposizione: quello che ho citato appena adesso e il libro di Martin Gray “In nome dei miei” che tra l’altro ha terminato il suo percorso terreno poco tempo fa. Se avreste il tempo o l’occasione di dare uno sguardo alla mole dei libri, capireste immediatamente il motivo per cui il mio interesse si volse assolutamente su quello di Martin Gray. È vero che mia sorella mi disse che il libro era un po’ noioso e assolutamente triste, ma sono famosa per esser riuscita a leggere quasi tutto d’un fiato  “I Malavoglia” e… “I Promessi Sposi” con tanto di tutte le descrizioni e riferimenti storici manzoniani… per cui cosa volete che fosse per me un libro di appena 200 pagine circa? Non so, più o meno era quello il numero, posso anche sbagliarmi, il punto del discorso non è quello. Fatto sta che affrontai la lettura del libro che mi segnò molto e sul  quale riflettei abbondantemente. Era triste, ma molto commovente, incredibilmente crudele e lucido. Martin Gray nel suo libro raccontò la sua vicenda di ebreo polacco braccato dai nazisti, di prigioniero del ghetto di Varsavia, di internato nel campo di concentramento, di ripresa lenta e dolorosa, della perdita anche della famiglia che si era formato, della moglie, dei figli. Una vicenda davvero dolorosa. Ha segnato la mia adolescenza e mi ha accompagnato nella crescita. “La chiave di Sara” è una versione diversa rispetto alla storia di Martin Gray. La protagonista che ha vissuto la persecuzione nazista quando era una bambina, crescendo, non ha saputo superare il suo dolore, anche perché divorata dal senso di colpa nei confronti della morte del fratellino, chiuso in un armadio da lei stessa per salvarlo dai rastrellamenti.      Un’altra vicenda triste… cosa può fare la cattiveria umana, l’ingiustizia, l’odio cieco. No, Signore, mai, non permettere mai che mi metta dalla parte dei carnefici, nonostante possa subire tante ingiustizie. 

domenica 26 marzo 2017

Silenzio

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Che cosa dire? È da molto che non scrivo più in questo blog, ma tra una cosa e l'altra, non sono più riuscita. Cosa dire? Non mi manca l'ispirazione, semplicemente, ultimamente sento profondamente di amare la vita. E la vita mi si presenta nel modo più semplice: il tepore del sole, il canto degli uccelli, il buio, la luce, gli alberi... la vita che mi circonda. Quando esco, respiro l'aria a pieni polmoni, vedo il mare brillare sotto la carezza del sole. Quell'aria mi fa bene, mi aiuta a percepire l'infinito di Dio. È una cosa tangibile...