venerdì 21 giugno 2013

San Luigi Gonzaga

Oggi è san Luigi e alla messa hanno ricordato il defunto Luigi. Non era certo mio padre, ma il mio ricordo è volato a lui. Quando prendo il computer dal mobiletto, i miei occhi si posano su alcune fotografie che ritraggono mio padre. Non è passato tantissimo, la malattia l'ha devastato in pochissimo tempo. Oggi andrò al cimitero con mia mamma. Quello che avevo provato subito dopo la sua morte, era una cosa incredibile. Avevo sentito la medesima cosa che una canzone su Chiara Luce Badano, dice: "Non c'è nulla da temere!". Una sensazione davvero molto forte, come poteva non esserlo? Una pace indicibile! Non so se crederete a quello che racconterò, ma per lungo tempo, prima che mio padre peggiorasse e subisse una complicazione della malattia di cui soffriva da molto, avevo il puro terrore di perdere i miei genitori. Lo avevo scritto al mio parroco che era proprio un padre per me! Terrore puro: m'immaginavo l'azione devastante della morte nei loro corpi e fremevo. Da quel periodo, passarono tre anni e verso il 17 ottobre del 2008 mi giunse una telefonata di mia madre che mi comunicava l'aggravamento. Quella sera parlai con mio padre al telefono,  non erano di certo a conoscenza del mio te
rrore di fronte alla loro morte. Mio padre mi disse una frase che mi portai avanti per tutto il tempo della sua lunga agonia. Cercavo di rincuorarlo, di tirarlo su. Non era un tipo che si arrendeva. Da buon militare era abituato a combattere, a non lamentarsi di fronte al dolore. Prima del suo aggravamento, aveva un fischio al cuore da far pena e quando glielo facevo notare, lui con un sorriso commentava: è il cuore, come se avesse detto che erano noccioline, buone da mangiare! Era già l'inizio...
Per ritornare alla sua frase, mi rispose dopo un attimo di silenzio: "No, questa volta non mi riprenderò"
E' stato così! Mio padre da quel giorno si è avviato all'ineluttabile, alla morte di cui non parlava mai! Ecco perché mi preoccupai per la sua frase, non era uomo da pensare alla sua morte. Da quel giorno la morte si aggirò accanto a me, era diventata il mio respiro... Mi sembrava di affrontarla in ogni istante, giorno dopo giorno. A volte mi terrorizzava, a volte mi ritrovavo nell'orlo del suo precipizio. Ma tutte le volte riflettevo sull'eternità della vita, sulla luce che mi avrebbe accolto nell'aldilà. Affrontavo un'agonia che non era mia. A momenti pensavo davvero che forse avevo qualche malattia che ignoravo di avere e che mi provocava quell'agonia terribile. Papà mi aveva fatto parte del suo segreto quella sera. A nessuno parlava della sua morte. Mai! Faceva credere di dover vivere a lungo, più delle persone sane. Io solo avevo accolto quella confidenza emersa dopo un attimo di silenzio... Lui era convinto che il suo era stato solo un mal di stomaco!
Per me era una vera agonia. Sembrava dovessi morire da un momento all'altro. Quell' agonia era di mio padre, non la mia. Terminò il 29 marzo del 2011, quando lui spirò. Nel momento in cui spirò, io stavo insegnando ai bambini e notai che l'orologio si era fermato verso le otto e quaranta, più o meno il momento in cui lui si era addormentato definitivamente. Il giorno prima, mi raccontò mia mamma, era felice, scherzava, come mai più aveva fatto. Il Signore era venuto a prenderlo. Con la stessa forza, sentii che non c'era nulla da temere, che lui aveva fatto un passo in una vera vita. La stessa intensità con cui avevo vissuto l'agonia... Io vedevo veramente con gli occhi dello spirito, quella porta spalancata... e quasi m'invogliava ad oltrepassarla, mi spronava a vivere solo per attraversarla, perché solo quello contava...
Caro papà mio, continua a proteggermi... Abbiamo scelto questa frase, come epitaffio per la tomba perché riassumeva ciò che mi avevi insegnato concretamente in quel momento: "Non piangete! Io continuerò ad amarvi oltre la vita"
Ha fatto proprio così...povero papà mio!

lunedì 10 giugno 2013

Pioggia

Ieri nuovamente pioggia, però da alcune cose si comprende che ormai siamo alle porte dell’estate o comunque che l’inverno è passato. Passando per Corso Firenze si possono ammirare le torme delle persone che escono a correre. Escono insieme, talvolta assomigliano a un branco e bisogna stare attenti, perché non si spostano di un millimetro e se non ti sposti tu, ti travolgeranno…. Che beffa essere investiti da persone sul marciapiedi! Niente di spettacolare e di accattivante! E poi che dire che al primo caldo alcune ragazze hanno scelto di togliersi le scarpe e camminare con i piedi completamente nudi. Quante esclamazioni di perplessità! Tutti si giravano! Se l’hanno fatto per attirare l’attenzione, come solitamente accade quando passa un cane anziché una persona, ce l’hanno fatta! Avranno fatto una scommessa! Chissà! Bando a ciance! Questi sono tutti indizi dell’arrivo imminente dell’estate o di almeno una parvenza di caldo primaverile. Forse siamo riusciti a raggiungere i venti gradi… ma ieri… no! Il Signore del tempo si è stufato di vedere atteggiamenti troppo estivi, e così ha fatto tornare i termometri a 15 gradi. Bella roba! Ed ecco i turisti con pantaloncini cortissimi, invero assomiglianti più a mutande che a pantaloncini, con gli ombrelli a lottare contro un vento autunnale che scuoteva allegramente le fronde degli alberi, facendo cadere le povere foglie, che, ahimè, credevano di aver finito la loro odissea invernale! Pioggia scrosciante, cielo nero come la pece, in barba a quelli che non sapevano più cosa togliersi se non le scarpe, a quelli che in branco hanno assaporato l’ebbrezza del correre insieme!  Ma no! I genovesi non si scoraggiano! Mentre si lottava con l’ombrello che cedeva al vento, alcuni a coppie sono usciti ugualmente per correre, con le scarpe però, mentre i cani saltellavano nelle pozzanghere ormai diventate piccoli laghi.

sabato 8 giugno 2013

I cuori di Gesù e Maria


Nel deserto

Finalmente sembra che il tempo si sia stabilizzato, ecco il sole e il caldo. Ho sentito un forte desiderio di pregare, di pregare in continuazione. Nel deserto in cui vivevo sembrava impossibile risentire il desiderio di pregare. Forse è un istante, una piccola fiammella destinata a essere nuovamente travolta dal mare dell’insensibilità. Certo è che, nonostante sentissi niente, pregavo ugualme
nte. Non sempre si ha il desiderio di pregare ardentemente. Forse qualcuno potrebbe obiettare che sarebbe ipocrita pregare quando non si desidera. No, io penso non sia così. Se il nostro corpo passa un periodo in  rifiuta il cibo, ci affrettiamo a sforzarci per ingurgitare qualcosa, perché sappiamo benissimo che senza il cibo non possiamo vivere. Ecco, dovremmo fare così anche con la preghiera, non è essere ipocrita. È il cibo della nostra anima, ed in fondo lo hanno ben sperimentato che l’uomo vive più delle cose astratte che di quelle materiali. Quante sante poi, hanno dimostrato che si può vivere nutrendosi semplicemente dell’Eucaristia! Quindi il desiderio di pregare…. Ma oggi ecco nuovamente il deserto avanzare. Si poteva udire solamente il sibilo del vento, un vento foriero di morte. È in questi momenti che comprendo pienamente la necessità della penitenza corporale. Senza l’addestramento a questa, mi lascerei senz’altro andare, mi chiuderei. Si fa forza sul nostro spirito, affinché, nonostante tutto, si apra, rivolga il suo sguardo a Dio. E così è stato. Sebbene non avessi voglia di recitare il rosario, ho cominciato ugualmente, con più calma, cercando di essere attenta alle parole che pronunciavo. E così l’ho detto… una vittoria! E la tristezza senza nome se n’è andata!

martedì 4 giugno 2013

Fede

È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ho scritto. La Madonna della Guardia mi protegge, ne sono sicura. Prima che mi accada qualcosa d’importante, ecco che la vedo in ogni dove, cominciano ad apparire le sue immaginette ovunque. È capitato così anche l’ultima volta, ve lo avevo accennato nell’altro post. Apparivano le sue immaginette come dal nulla e… ci crederete o no, ho finalmente trovato un padre spirituale. La Madonna sembra quasi volermi avvertire con questi piccoli segni della sua presenza o che farà qualcosa di speciale a mio riguardo. Ho ancora molto bisogno di lei. È vero che dovremmo aver fede comunque, anche se non abbiamo questi piccoli segni, ma penso che sia una delicatezza della Madonna nei miei confronti, per farmi comprendere che ciò che mi sta accadendo non è un caso fortuito, ma è tutto secondo i piani di Dio. Già… Perché per me, soprattutto agli inizi, era difficile crederlo. Ad ogni modo, sta guidando la mia vita, con la sua presenza. È una consolazione ma a volte, siccome attendo un segno particolare, penso che si sia scordata di me. Sono andata alla Madonna del Monte, una scarpinata incredibile, su per quelle viuzze inerpicantesi per il monte. Il tempo era nuvoloso, sembrava non promettere nulla di buono, e poi era tardi. Erano appena le quattro ed io ero ancora sopra la stazione Brignole. Quanta strada avrei dovuto ancora percorrere per raggiungere il Santuario! E, detto fra noi, non ne avevo tanta voglia. Sentivo stanchezza e il pensiero di dover fare tutta quella salita, mi faceva saltare alla mente ogni possibile cambiamento di programma. Tentata fino all’ultimo. Prima ho sbagliato strada e, proprio nel mentre in cui m’incamminavo nuovamente per quella giusta, grosse gocce hanno cominciato a scurire l’asfalto. I piedi si sono rivolti istintivamente verso la strada del ritorno a casa. Io cammino moltissimo di solito, ma quel giorno sentivo un’avversione istintiva ad andare al Santuario, o meglio, a fare tutta quella strada. Mal di gambe, pioggia, di tutto, insomma, ogni scusa era buona perché non mi sentivo di andarci. La mia volontà però ha ben ordinato al mio corpo di andare: ogni pellegrinaggio deve essere condito di un certo sacrificio offerto. Non si può andare come se fosse una gita piacevole. Certamente ogni volta che mi reco al Santuario ho sempre qualcosa da offrire. Per andare su, seppur ci siano 5 gradi, si suda, tanto è ripida a tratti la salita. Quel giorno, però, la fatica fisica era accompagnata da quella spirituale. Finalmente giungo alla salita… non è possibile! Già come vi ho detto ho faticato molto ad andare, poi ecco spuntare una macchina con due cani che parevano famelici. Attraverso il vetro abbaiavano freneticamente e l’idea di trovarmeli liberi davanti al piazzale della chiesa, non era di certo così allettante. Sennonché la stessa macchina trasportante le belve deve fermarsi e lasciar passare una processione di macchine che scendevano: la fila non finiva più. Uno, due, tre…. Non finivo mai di contare! Sono stata ferma ad aspettare quasi dieci minuti, se non di più, ma alla fine, sono riuscita ad arrivare al Santuario… Madonnina mia, se non ti ho offerto oggi un sacrificio e non una semplice passeggiata, non so quando mai te lo offrirò. Mi è costata così tanto!
I giorni dopo ho cominciato a stare male. Benissimo, sarà la risposta della Madonna? Non lo so però la cosa mi ha fatto meditare molto sul dolore. Quando il dolore è molto forte, non importa più nulla. Non esistono più gli altri problemi come se fossero stati avvolti da una nebbia fittissima che ha ingoiato anche la tua mente. Non ti importa più di nulla se non dell’eternità. Tutto assume una dimensione giusta e solamente ciò che conta davvero emerge. Si diventa fragili, anche lo spirito cede… Quanto impegno per superare un difetto! E che brutto quando ci si cade nuovamente. Si ha l’impressione che tutto il lavoro fatto su se stessi, sia stato inutile, che si è sempre soggiogati dal corpo e che questo, seppur sia destinato a diventare polvere, pare comandare e prendere il sopravvento. Eppure, il Regno di Dio è la cosa più importante della mia vita. I problemi, che in realtà non sono pochi e sono reali, vengono filtrati attraverso questa mia convinzione e perciò perdono consistenza, si colorano di fiducia e di speranza di cui talvolta provo paura. Sì, paura perché temo di rimanere delusa, di aver riposto fiducia per nulla… Un po’ quello che accadde a Giobbe. Oltre alla malattia, tutti i suoi amici si burlavano di lui, gli rinfacciavano il fatto che forse aveva peccato e lo ignorava e che quel peccato era conseguenza della sua malattia. E Giobbe aveva fiducia in Dio, nonostante avesse perso tutto in un sol colpo. Mi sembra di essere così: di avere tanti progetti, speranze, destinate poi a rimanere illusioni. È  proprio qui che si valuta la propria fede…

Dio ti ama