Una giornata bellissima ma fredda. Un sole splendido brilla, illuminando il mare e i palazzi. Domani, dicono, sarà nuovamente brutto: pioggia e un po' più caldo. “Marzo, marzo pazzerello, guarda il sole, piglia l'ombrello”, recitava una filastrocca infantile, vera, verissima. Tutto, in questi giorni così luminosi, sembra emergere come stelle in un cielo notturno. Brilla, cambia colore.
Una mia vicina si sta spegnendo. Marzo, per me, è sempre un mese drammatico. La sua morte imminente, fa riemergere alcuni dolorosi ricordi e nello stesso tempo si fa ponte all'annuncio di una vita vera. È un ponte che congiunge il terreno con l'eternità e si crea automaticamente al momento dell'agonia,sia nella persona che sperimenta e vive l'agonia in prima persona, sia in coloro che le stanno accanto. È un ponte che trasmette pace. Penso che stia morendo in pace ed è curiosa la dinamica. Ella non pensa più alle cose terrene, è tutta proiettata verso quelle eterne. È una persona che ha sempre pregato, religiosa, dal temperamento un po' all'antica ma consono all'età che porta. Non le interessa più nulla, ma non ha nemmeno quell'espressione di nostalgia per la vita terrena che ho visto in persone sicuramente più impegnate nella chiesa e con un certo ruolo, voglio dire che non ha quell'attaccamento malsano alla vita, per cui la morte la fa cadere in panico e ribellarsi a Dio. La sta accettando lucidamente, come un inesorabile epilogo di un capitolo della sua storia, quella terrena. È venuto il prete a darle l'olio santo e il Viatico, per sua richiesta. Il suo interesse si è ormai proiettato totalmente in quella dimensione! È grata verso coloro che le stanno vicino e senza timore, ha disposto che cosa fare in caso di morte. Terribile, sconvolgente. Il prossimo è sempre un libro su cui si deve leggere una storia e imparare. Devo essere sincera. Sono rimasta molto delusa, perché raramente ho trovato nei religiosi questo anelare alla vita eterna, anche nel letto di morte, quel desiderio di raggiungere l'eternità. Ho trovato spesso paura, desiderio di ritornare a vivere quella vita terrena che ormai stavano per lasciare inesorabilmente. Questo mi riporta ad un aneddoto raccontato da Maria Simma e che sto sperimentando sulla mia pelle... prima non ci credevo così fermamente.
Ha raccontato che in un hospice, erano ricoverate due persone: un giovane prete e una signora giovane anch'ella, che aveva condotto una vita di peccato, ma che ora si pentiva sinceramente e si affidava alla misericordia di Dio, offrendogli la sofferenza per scontare il proprio peccato, coraggiosamente, desiderosa di unirsi a Dio. Il prete, invece, in un discorso fra loro, aveva affermato che aveva paura di chiedere a Dio di scontare sulla terra i suoi peccati e quindi fare il suo purgatorio. Morirono entrambe ed apparirono ad un'infermiera che li aveva curati amorevolmente, anche dal punto di vista spirituale: il prete era in purgatorio che soffriva per i peccati che non aveva scontato sulla terra, mentre la donna, dopo un periodo breve di sofferenza, si trovava già nel gaudio del paradiso. Chi ha orecchie per intendere, intenda!
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